Giovedì, 21 Novembre 2024

Come è noto i contribuenti hanno la facoltà di conservare la documentazione fiscale di cui sia obbligatoria la tenuta, non solo in modalità cartacea, ma anche in modalità elettronica o sostitutiva.
Laddove tale modalità sia scelta, sono definiti particolari adempimenti al fine di assicurare la “regolare tenuta” della stessa. Tali adempimenti sono principalmente la periodica firma digitale e marcatura temporale della documentazione [vedi in Infonews n. 2 del 2013], a cadenze differenziate a seconda della tipologia di documentazione conservata, che svolgono principalmente la funzione di cristallizzarne il contenuto a una determinata data e garantirne la riferibilità ad un determinato contribuente.

A tale adempimento si aggiunge poi, a particolari scadenze l’adempimento ulteriore del cosiddetto “invio dell’impronta” della documentazione alla Agenzia delle Entrate.
Tale ulteriore adempimento ha la duplice funzione da un lato di impossibilitare la tenuta di più contabilità parallele, (che ben sarebbe possibile firmando e marcando registri differenti), e dall’altro quello di rendere noti all’Amministrazione il numero e l’identità dei soggetti che hanno deciso di ricorrere alla conservazione sostitutiva della documentazione tributaria, nonché i nomi ed i dati identificativi dei loro responsabili della conservazione e dei soggetti da questi eventualmente incaricati.

Queste poche righe, lungi dal voler essere una guida operativa completa, si propongono di dare qualche breve indicazione sulle modalità concrete con cui si procede ad assolvere a tale particolare adempimento e su alcune questioni pratiche. Tali adempimenti infatti se spesso sono assolti dagli abituali consulenti fiscali delle parti, non di meno possono interessare il Notaio, sia indirettamente che direttamente. Da un lato laddove egli sia chiamato a verificare la “regolare tenuta” di scritture contabili ai fini dell’emissione di estratti autentici, secondo la tesi più rigorosa non potrà esimersi dal verificare anche il corretto invio della prescritta impronta, per lo meno nei casi in cui il termine per il relativo invio sia scaduto. Dall’altro, e proprio anche al fine di agevolare l’emissione di estratti autentici da utilizzare nel processo monitorio accade sempre più spesso che la figura del “Responsabile della Conservazione” digitale e quindi del soggetto tenuto anche ai relativi adempimenti di corretta conservazione e quindi anche di invio delle impronte, sia un Notaio.

Le fonti. La conservazione digitale dei documenti tributari per quello che qui interessa è regolata principalmente Decreto Ministeriale del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 23 gennaio 2004. Tale norma prevede all’articolo 5 che “il soggetto interessato o il responsabile della conservazione, ove designato, al fine di estendere la validità dei documenti informatici trasmette alle competenti Agenzie fiscali, l’impronta dell’archivio informatico oggetto della conservazione, la relativa sottoscrizione elettronica e la marca temporale.” Solo con il successivo provvedimento n.2010/143663 dell’Agenzia delle Entrate si è tuttavia chiuso il cerchio normativo che ha consentito l’effettiva operatività dell’onere in questione. Con detto provvedimento infatti sono state finalmente definite le modalità concrete di formazione e di invio dell’impronta, stabilendo altresì tutte le ulteriori informazioni a corredo da inviare.

Come avviene la comunicazione? La comunicazione può essere effettuata esclusivamente per via telematica, o direttamente tramite il servizio Entratel o Fisconline, oppure a mezzo degli intermediari abilitati.

Quali sono le scadenze? La comunicazione deve avvenire entro il quarto mese successivo alla scadenza del termine per la presentazione delle dichiarazioni fiscali dell’annualità di riferimento. Esemplificando l’impronta relativa alla documentazione fiscale dell’anno 2013, la cui dichiarazione fiscale deve essere presentata entro il 30 settembre 2014, dovrà essere spedita entro i quattro mesi successivi, e quindi entro e non oltre la data del 31 gennaio 2015.

Cos’è l’impronta dell’archivio informatico? Prima di affrontare gli aspetti tecnici relativi alla generazione e alla trasmissione dell’impronta dell’archivio informatico, è opportuno chiarire cosa sia materialmente un’impronta informatica di un file.
Con il termine impronta (o anche digest o hash) si intende una determinata sequenza di caratteri esadecimali (ovvero in base 16, e quindi numeri da “0” a “9” e caratteri da “a” ad “f”) ottenuta applicando una funzione di calcolo, detta funzione di hash, al file. Uno stesso file a cui è applicata la stessa funzione di hash genera sempre la medesima impronta. Per converso, semplificando leggermente è poi possibile dire che – almeno ai nostri fini – ogni impronta sia sostanzialmente univoca per ogni file. Un esempio di impronta può essere un insieme di caratteri esadecimali (come ad esempio 3d1674418dafc257ac8f5e8746c55e33240a95f93e8a26a3408c41fb42ba90f1) che vengono generati applicando una determinata funzione cosiddetta di hash (nel caso dell’esempio si tratta dell’hash SHA256 della parola “Notaio”). Tale funzione è univoca, vale a dire che con le conoscenze attuali non è possibile risalire dall’impronta al file a cui la stessa si riferisce.
E’ possibile calcolare anche on line impronte dei file più disparati ad esempio collegandosi all’URL http://www.fileformat.info/tool/hash.htm

Come viene generata l’impronta? Anche qui un esempio può essere di aiuto. Si prenda in esame un’impresa che adotti la conservazione sostitutiva di tutto il ciclo attivo di fatturazione. A norma dell’art.3 del D.M.23 gennaio 2004, a tale documentazione dovrà essere apposta con cadenza quindicinale la firma digitale e la marca temporale.
A fine anno, l’impresa si troverà ad avere pertanto 24 file firmati digitalmente. Di tali file dovrà quindi essere calcolata l’impronta, e dovranno essere riuniti in un unico file al fine di avere un unico archivio, il cosiddetto “file impronte”.
Tale file dovrà essere quindi firmato digitalmente, e quindi su di esso dovrà essere calcolata una nuova impronta. Ultimo passaggio è ancora la marcatura temporale del file firmato.

A questo punto è possibile compilare la comunicazione da inviare all’Agenzia delle Entrate, inserendoci anche l’impronta e la marca temporale.
Operativamente si dovrà generare una comunicazione, in formato “XML” da trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate.
Le indicazioni e le modalità operative si possono reperire sul sito dell’Agenzia, nella sezione "Cosa devi fare – Comunicare dati – Comunicazione dell’impronta dei documenti informatici".
Sempre sul sito dell’Agenzia, è possibile scaricare lo schema "xsd" che definisce la struttura e le regole formali per la compilazione della comunicazione, e la procedura di controllo utilizzata per verificare la conformità del file da inviare telematicamente.

Come avviene la verifica? Prima del materiale invio, le comunicazioni devono essere verificate con una apposita procedura. Tale controllo è volto ad accertare la correttezza formale delle informazioni che verranno trasmesse.
Sul sito dell’Agenzia, nella sezione “Strumenti – Procedure di Controllo – Modelli di Comunicazione” è possibile trovare e scaricare l’apposito software gratuito deputato a tale controllo formale dei file da inviare, presente sia per piattaforma Windows che Macintosh.
Tale controllo può anche essere effettuato dal menù "Documenti" dell’applicazione Entratel o dalla funzione "Prepara file" dell’applicazione "FileInternet".
Se il controllo va a buon fine, l’applicativo produce un file che a sua volta dovrà essere firmato prima di essere inviato. Per gli utenti Entratel tale file viene generato nella cartella "Entrateldocumenticontrollati", mentre, per gli utenti Fisconline, in quella "Uniconlineinvio".

Cosa contiene la comunicazione? Come si accennava la comunicazione dell’impronta ha la funzione sia di rendere impossibile la tenuta di più contabilità parallele, ma ha altresì la funzione di rendere edotta l’amministrazione di tutta una serie di altri dati e segnatamente:

– i dati identificativi del soggetto interessato, del responsabile della conservazione e del soggetto eventualmente da quest’ultimo delegato;
– l’elenco delle tipologie documentali a cui l’impronta si riferisce, vale a dire le quantità per ciascuna tipologia e la data di prima ed ultima emissione relativa a ciascuna tipologia documentale; questo particolare è importante in quanto non scoraggia il contribuente, che spesso invece teme di dover anticipare all’Agenzia il contenuto dei propri documenti;
– l’indicazione del luogo in cui è conservata la documentazione a cui l’impronta si riferisce;
– la marca temporale.

Come viene ricevuta? L’Agenzia delle Entrate, in fase di ricezione, effettuerà una ulteriore verifica di congruenza tra l’impronta e la marca temporale, verificando che l’impronta coincida con quella all’interno della marca temporale.
È pertanto necessario che l’impronta del documento che viene inserita nella comunicazione sia calcolata con lo stesso algoritmo (ad esempio SHA256) utilizzata nel processo di marcatura temporale del documento stesso.
Una volta che il file viene correttamente acquisito, il mittente può scaricare una ricevuta protocollata che attesta l’avvenuta corretta ricezione. Anche in caso di scarto del file viene emessa corrispondente ricevuta, questa volta negativa con indicato anche il motivo dello scarto.

Se si fa un errore? Qualora si verifichino errori nell’invio (ad esempio invio dell’impronta formalmente corretta, ma riferentesi a file per errore diversi), è possibile correggere e sostituire l’impronta inviata, a condizione che tale sostituzione avvenga nei 30 giorni successivi. La sostituzione ovviamente comporta l’automatica cancellazione ed annullamento del file precedentemente inviato.

E se occorre operare il “riversamento sostitutivo”? Un’ultima postilla occorre per il caso in cui si debba ricorrere al cosiddetto “riversamento sostitutivo” . Come noto esso è il processo che trasferisce i documenti da un supporto di memorizzazione ad un altro, modificando però la loro rappresentazione informatica.
In sostanza la semantica del dato non muta, ma muta la sua rappresentazione informatica. Ne deriva pertanto che a seguito di una tale operazione una eventuale impronta nel frattempo inviata non sarà più coerente con la mutata evidenza informatica e pertanto perde valore. Con la Circolare 5/E del 29 febbraio 2012 l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che i contribuenti che hanno proceduto al riversamento sostitutivo debbono entro quattro mesi dal completamento dello stesso, provvedere ad inviare all’Agenzia una nuova impronta della documentazione interessata dal riversamento. Oggetto di tale comunicazione debbono essere le medesime tipologie documentali già comunicate in origine nella comunicazione ora da sostituire, che devono essere elencate anche nel medesimo ordine. Attenzione! Secondo quanto indicato dall’Agenzia, la comunicazione sostitutiva non può essere corretta nei 30 giorni successivi, come accade invece per la comunicazione principale.
A questo punto buon invio a tutti!