Il momento storico attuale, caratterizzato da fluidità, volatilità, incertezza e ostilità degli ambienti (sociali, economici, giuridici, finanziari, politici), definisce la moderna “era del rischio”, in cui la mancanza di etica, l’azzardo morale e l’asimmetria informativa sono fattori che incidono negativamente sul quotidiano operare di qualunque soggetto, generando incertezza e paura in ogni settore.
In questo habitat ciò che diviene essenziale è la fiducia, evolutasi – in senso economico – in un bene scarso da cui il mercato cerca di trarre profitto.
Agli osservatori più attenti non sarà sfuggito questo dettaglio. Pensiamo, ad esempio, alle nuove tecnologie: internet e metaverso, intelligenza artificiale, distributed ledger technology, blockchain “venduti” ed “acquistati” come sistemi di garanzia, certezza, trasparenza, in grado – ad un tempo – di generare e soddisfare questo “nuovo” bisogno di fiducia.
Questa visione è sintomatica della percezione (immatura ancorché generalizzata) che si ha della tecnologia, e dà conto del mutamento di paradigma in atto.
È evidente, infatti, che la tecnologia, qualunque essa sia, lungi dall’essere affidabile in sé, possiede tale caratteristica solo se e in quanto le informazioni e i dati che circolano per il tramite di essa siano corretti, veritieri e verificabili. E che la reificazione e mercificazione di un bene così prezioso, ove lasciata alla “mano invisibile” del mercato, genererà una utilità – in termini meramente economici – solo per contraenti forti.
La reale comprensione di tali meccanismi consente di percepire le reali esigenze e di pilotare ed orientare le opportunità aperte anche grazie ai nuovi mezzi senza dover subire passivamente ciò che sta inesorabilmente accadendo.
Un dato è certo: il corretto utilizzo di strumenti digitali consente di abbattere le barriere di accesso ai diritti e alla loro fruizione.
In generale, poi, la capacità di realizzare legalità formale e sostanziale in uno specifico ecosistema, sia nella fase di input che nella fase di output, sarà la sfida che attende professionisti, come i notai, che si contraddistinguono per la funzione di prevenzione del rischio e di tutela, oltre che antiprocessualistica, realizzando un importante equilibrio di efficienza in un’ottica di analisi economica del diritto.
La voce, cogliendo le sfide attuali e future, si è fatta sentire a Roma in occasione del Convegno “Notariato e nuove tecnologie a servizio del patrimonio artistico e museale. Realtà virtuale e garanzie” svoltosi al MAXXI e più recentemente a Modenantiquaria (la più longeva e visitata fiera annuale d’alto antiquariato in Italia, tra le più qualificate espressioni del mercato dell’arte) dove si è svolta una tavola rotonda dal titolo “Mecenatismo e art bonus. Tra prospettive del mercato e stimolo agli investimenti”, che ha visto protagonisti il Notariato, l’Assessore alla Cultura della Regione Emilia-Romagna Mauro Felicori e il Presidente nazionale della Federazione Italiana Mercanti d’Arte – FIMA Fabrizio Pedrazzini.
Il sistema pare muoversi proprio nel senso di richiedere maggiore certezza, trasparenza e sicurezza di questi settori, avendo probabilmente compreso come il raggiungimento di tali obiettivi vada a salvaguardare la prosperità economica, l’efficienza del contesto imprenditoriale e la correttezza dei comportamenti degli operatori che lo compongono nonché la stabilità, la solidità, il regolare funzionamento e l’integrità di un determinato ecosistema.
Le proposte avanzate mirano a rendere il mercato dell’arte – sinora reputato per pochi esperti – vantaggioso dal punto di vista fiscale ed inoltre sicuro, trasparente e tracciabile, neutralizzando le variabili antieconomiche cosicché esso possa essere fonte di attrazione del pubblico, percepito come valore anche per i non addetti ai lavori, utilizzando come fattore di abilitazione quello dell’identità digitale applicata all’oggetto– il c.d. digital twin, ovvero l’unico e solo gemello digitale dell’alter ego fisico – (e non al soggetto) certificata dal notaio quale terza parte fidata dopo che sia stato raccolto un insieme di evidenze anagrafiche e biometriche (c.d. attributi).
Si è, infatti, notato come il mondo dell’arte privata soffra di indici spesso poco affidabili per l’autenticità di un’opera d’arte, vale a dire quel peculiare legame tra autore e opera.
Il problema dell’autenticità di un’opera d’arte (e della relativa certificazione) è una questione fondamentale nell’ambito del mercato dell’arte, in quanto incide in maniera significativa sulla valutazione della stessa sia dal punto di vista estetico-artistico sia da un punto di vista economico. Pur essendo così importante, la regolamentazione dell’autenticità delle opere d’arte sembra essere affidata quasi esclusivamente alle prassi di mercato.
In Italia non esiste alcuna modalità di certificazione ufficiale dell’autenticità di un’opera d’arte, così come anche i soggetti legittimati al rilascio del certificato di autentica e le modalità di attribuzione sono diverse e variano a seconda che si tratti di un’opera di autore defunto o vivente.
La procedimentalizzazione delle attività, e la certificazione degli attributi della singola opera (documentazione, dati e informazioni a supporto della autenticità oltre a identificazione o identificabilità del titolare dell’opera e del titolare dei vari diritti sull’opera quali diritti d’autore, diritti personali, diritti patrimoniali, diritto di proprietà ecc.), porta a generare un set documentale e giuridico capace di legare biunivocamente – oltre ogni ragionevole dubbio – l’opera al suo autore, e l’opera ed il suo autore al gemello digitale, il tutto funzionale alla digitalizzazione del patrimonio artistico sia pubblico che privato nonché alla creazione di un vero e proprio inventario certificato.
Tale impostazione fa sì che chi si avvicina a questo settore possa entrare in un mondo (sia fisico che digitale) garantito, certo e trasparente in cui viene rilasciato un “passaporto giuridico” all’oggetto avente valenza culturale ed artistica, e dove il ponte di collegamento tra l’on line e l’off line è rappresentato da un pubblico ufficiale garante per istituzione della pubblica fede.
L’acquisizione della documentazione e dei dati a supporto della autenticità dell’opera d’arte, e la predisposizione di uno standard che certifichi le caratteristiche dell’opera consentirebbe di evitare (o comunque fortemente limitare) eventuali plagi, contraffazioni e violazioni del diritto d’autore ovvero ancora abusi legati a diffusione illecite o altre violazioni di diritti patrimoniali dell’opera.
In tal senso, il precipitato della proposta mira a creare un registro volontario delle opere d’arte che raccolga gli attributi (qualificati e non qualificati) dell’opera stessa, e come suo risultato, una certificazione delle caratteristiche dell’opera e della relazione biunivoca con il suo autore, anche in collaborazione con Archivi e Fondazioni per gli artisti non più viventi.
Certezza e trasparenza del mercato oltre ad identificazione univoca delle opere, private e pubbliche, presenti sul territorio nazionale ha evidenti ricadute di utilità in termini giuridici, fiscali, patrimoniali, gestionali, ambientali per l’attuazione di politiche economiche, anche di scala, relative a tali beni.
Questo metodo, come fatto cenno, ben si lega al tema dell’identità digitale delle opere d’arte, e inizia a disegnare un sistema di certificazione dell’identità digitale dei beni culturali: il notaio, all’interno delle precipue funzioni istituzionali ed operando con gli strumenti tipici della professione, garantisce così sicurezza, trasparenza ed efficienza.
Sul fronte pubblico, l’Italia soffre di risorse talvolta insufficienti per la tutela e lo sviluppo del patrimonio artistico e culturale a fronte del valore strategico che questa risorsa rappresenta. La valorizzazione, nelle sue varie forme, ha anche una rilevanza economica legata alla fruizione del bene pubblico proprio per gli impatti diretti e indiretti che determina, in particolare, sulla economia (non solo nazionale ma, soprattutto) locale in relazione allo svolgimento delle sue attività e servizi.
La ragione di tale difficoltà risiede, oltre ad un vulnus normativo, nell’assenza – come detto – di un pubblico registro dedicato e nell’impossibilità, da parte di potenziali sovventori di trarre a loro volta “profitto” da tali sovvenzioni, per via di alcune rigidità del “sistema Stato”.
La proposta avanzata nel settore pubblico dal Notariato si concentra, così, in due direzioni.
Per un verso, una forma di «digitalizzazione» che preveda, fra le evidenze biometriche da acquisire in modalità standardizzata e certificata, anche l’acquisizione in alta definizione dell’immagine del bene componente parte del patrimonio artistico di titolarità pubblica. Ciò avrebbe, oltre a quelli sopra elencati, quale ulteriore beneficio, quello della messa a reddito dello Stato (con relativa monetizzazione) di immagini originali autenticate (eventualmente scaricabili da piattaforma ministeriale certificata, ed utilizzabili) per le quali, oggi, non esiste tutela alcuna sebbene il Codice dei Beni Culturali sia chiaro in materia. Peraltro, tale iniziativa aprirebbe alla possibilità di creazione di una piattaforma (un vero e proprio ecosistema di educazione e intrattenimento c.d. edutainment) in cui l’utente può trovare i beni culturali e paessagistici, che sia ufficiale e gestita dallo Stato a fini di sviluppo della persona e della cultura, nel pieno rispetto dei dettami costituzionali.
Per altro verso, il potenziamento dell’ArtBonus (che consiste in misure di sostegno al mecenatismo mediante attribuzione di un credito d’imposta per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo) prevede la creazione di un registro digitale (integrativo ed evolutivo di quello attualmente esistente) delle iniziative di intervento in favore del patrimonio culturale ed artistico italiano (es. musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali ecc.) attraverso la “tokenizzazione” del credito fiscale conseguente alle erogazioni liberali, a supporto ed implementazione di quello esistente.
L’intervento del notaio nella “tokenizzazione” del credito potrebbe, per un verso, facilitare le erogazioni da parte di soggetti stranieri e assicurare il rispetto dei controlli antiriciclaggio mentre, per altro verso, potrebbe attribuire all’erogazione liberale la forma necessaria al fine di evitare una possibile richiesta di restituzione futura per nullità del contratto. Una volta “tokenizzato” il credito, in maniera certa e garantita dal notaio, questo potrebbe essere ceduto sia a banche sia ad altri soggetti privati avendo la possibilità di mantenerne traccia.
La valorizzazione del patrimonio storico-artistico e culturale italiano troverebbe il suo pieno compimento mediante la triplice strada del leverage sul mecenatismo, della raccolta di capitali e investimenti in stile crowdfunding e di un sistema di incentivazione delle ricompense al sovventore con creazione di circolo virtuoso Stato-cittadino, partecipe della “cosa pubblica”. Mentre infatti attualmente l’ArtBonus si “limita” a ricompense sotto forma di credito d’imposta, un registro informatico (centralizzato o decentralizzato che sia) potrebbe attribuire ai mecenati (anche a loro scelta) forme differenti di remunerazione quali, ad esempio, un certo numero di ingressi gratuiti all’opera “sostenuta” (museo, teatro, ecc.) in funzione dell’importo erogato, oppure l’apposizione di targhe con l’indicazione del nominativo all’interno del museo o dell’opera stessa, ovvero ancora sviluppo del settore turistico alberghiero limitrofo a luoghi d’arte tramite scontistica per soggiorni e pernottamenti in strutture collegate, ed altro ancora.
Analogamente ai crediti fiscali, anche le predette “ricompense” (se lo si dovesse ritenere utile) potrebbero essere soggette a cessione a terzi. Si pensi ad esempio, alla possibilità di cessione (a titolo gratuito od oneroso) dei biglietti d’ingresso.
Lo sforzo di mettere al tavolo i Ministeri competenti, le varie componenti del mercato, le gallerie, e di allargare il dibattito al sistema dell’arte, coinvolgendo i musei, antiquari, collezionisti e corporate collection ha già dato i suoi primi frutti.
A livello istituzionale, il Consiglio Nazionale del Notariato, al tavolo con i Ministri del MIC e le sue Direzioni, del MISE e del MEF, ha saputo parlare di futuro e di digitalizzazione del patrimonio artistico e culturale (ora in parte messo in campo dall’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale – Digital Library del Ministero della cultura nell’ambito del Programma Next Generation EU) ed ha incardinato un fruttuoso dialogo con proposte volte ad incrementare gli investimenti, anche esteri, nel campo della tutela del patrimonio artistico e culturale italiano, in ossequio ai principi di trasparenza e buona amministrazione necessari in questo ambito così importante e delicato.
Coinvolgimento e supporto di tutti gli addetti del settore (fondazioni, enti, associazioni, gallerie, fotografi museali ecc.), con classificazione certificata del patrimonio artistico-culturale (sia pubblico che privato), in un sistema virtuoso che si fa volano per la nascita di nuove attività e professionalità, sono le parole chiave di un dialogo sempre più acceso e vivo.
Mentre l’arte è un modo di amare, di aiutare, un modo per rimanere eterni, quando non ci saremo più, la fiducia è il gettone di ingresso nel mondo della legalità ed è nostro compito realizzare questo equilibrio che prende il nome, e il significato, di compliance nell’era del rischio per diventare i protagonisti (e non semplici comparse) del cambiamento in atto.