Legiferare sull’Intelligenza Artificiale significa sfidare il tempo. In che modo il Disegno di Legge delega italiano guarda al futuro dell’IA che verrà?
L’Intelligenza Artificiale rappresenta una sfida epocale senza precedenti; il suo sviluppo rivoluziona i processi produttivi e l’economia globale incidendo profondamente nella trasformazione della società. Il disegno di legge di iniziativa governativa (n. 1146 del 20 maggio 2024 recante “Disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza artificiale” presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro della giustizia il quale, al momento, è all’esame del Senato della Repubblica) ha l’obiettivo di guidare questa quarta rivoluzione tecnologica attraverso politiche e riforme legislative basate su principi e valori etici globali condivisi che mettano al centro la persona. È in questi termini che il disegno di legge guarda al futuro perché la dimensione antropocentrica delle sue regole (strutturate per principi) assicura risultati socialmente utili tramite strategie che promuovono le nuove tecnologie per favorire la coesione delle società e delle economie e che, nel contempo, consentono di evitare il loro uso improprio, il loro sottoutilizzo o l’impiego dannoso.
Quali professionalità saranno necessarie nelle istituzioni della governance pubblica e come si interfacceranno con il diritto?
L’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale è talmente veloce e sorprendente che negherebbe sé stessa se si affidasse a talune e non altre specifiche professionalità. E pur vero, però, che le varie professionalità che operano nelle istituzioni della governance dovrebbero confrontarsi sulla base di un comune denominatore: la consapevolezza di un utilizzo corretto, trasparente e responsabile dell’IA, per garantire – come enuncia il disegno di legge – la vigilanza sui rischi economici e sociali connessi al suo uso e sull’impatto sui diritti fondamentali. La consapevolezza del singolo professionista è la misura delle necessarie capacità per guidare l’utilizzo di tali sistemi; occorre alta professionalità per il raccordo tra istituzioni e società, tra disciplina normativa e deontologica nonché per garantire che non vi siano discriminazioni di sorta.
Per il giurista il compito è ancor più delicato; la sua capacità di interpretare la norma che nasce dal fenomeno in atto, bilanciando i diversi interessi in gioco nel rispetto dei diritti fondamentali, è essenziale per evitare che questa delicata fase di transizione digitale sia affidata unicamente alla scienza informatica o alle regole di mercato. Ciò non foss’altro perché l’IA generativa andrà inevitabilmente ad incidere sul momento decisorio, quello in cui si ritrovano, in un unico atto, la dimensione dinamica e di garanzia del giudizio.
A suo modo di vedere l’Italia ha un quid unicum da portare in Europa in materia di IA e public governance?
Il fatto che il Governo italiano abbia posto l’Intelligenza artificiale come primo punto di discussione per il G7 Italia (Puglia, giugno 2024) dà la cifra del quid unicum non solo rispetto all’Europa ma rispetto al mondo.
Il Governo italiano ha rimarcato come il rispetto delle norme è, ovviamente, necessario ma da solo insufficiente ad affrontare la sfida che l’IA pone: la sovranità tecnologica e digitale degli Stati non può che essere affermata attraverso azioni politiche e legislative che abbiano come fattore comune il rispetto delle implicazioni umane ed etiche dei servizi digitali. Durante il G7 l’Italia ha sottolineato come occorra una codificazione etica unitaria sull’IA anche coinvolgendo altri Paesi, come i membri dell’OCSE, per assicurare, in tutto il mondo, sia il vantaggio di favorire una strategia di opportunità, consentendo agli Stati di sfruttare il valore sociale delle tecnologie digitali e della connessa rivoluzione culturale, sia di fornire soluzioni basate sui diritti per la gestione del rischio, evitando alle organizzazioni di compiere errori costosi ed ai cittadini di subirli. Il quid unicum dell’Italia è mettere al centro delle azioni strategiche che riguardano lo sviluppo e l’utilizzo dei sistemi di IA l’etica dell’umanità, della responsabilità e della fiducia: l’intelligenza artificiale è strumento dell’uomo e per l’uomo. La grandezza del cervello umano, con la sua componente di genialità, di intuizione emozionale, di coscienza non potranno mai essere sostituite dall’intelligenza artificiale.
*Rosita D’Angiolella è Vice Capo Dipartimento Affari giuridici e legislativi, Presidenza del Consiglio dei Ministri.