L’espressione (di derivazione anglosassone) smart contract designa, propriamente, l’idoneità del vincolo negoziale ad auto eseguirsi senza necessità dell’intervento umano: l’aggettivo smart, infatti, risponde alla finalità di qualificare come “intelligente” il contratto, in quanto dotato della intrinseca capacità di reagire a stimoli interni ed esterni.
Il legislatore ha definito la figura solo di recente con la l. 11-2-2019, n. 12, di conversione del d.l. 14-12-2018, n. 135, allorquando ha stabilito che lo smart contract è un “programma per operatore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse” (art. 8 ter d.l. n. 135/2018).
Le origini
L’idea di smart contract fu coniata per la prima volta dall’informatico giurista statunitense Nick Szabo, che, in un paper del 1997, lo configurò come un “insieme di promesse” (a set of promises), espresse in forma digitale, incorporate nell’hardware e nel software al fine di renderne impossibile o comunque eccessivamente oneroso l’inadempimento. I primi esempi di ‘contratto intelligente’ sono offerti dagli acquisti di prodotti mediante distributori automatici o, in modo più articolato, dalla piattaforma eBay, creata nel 1995, per gestire un sistema di compravendite e aste tramite procedure automatizzate in grado di attuare le clausole del contratto sottoscritto dai contraenti che vi aderiscono, senza che questi entrino in contatto tra di loro.
Caratteristiche e struttura
La figura si caratterizza per essere un ‘accordo automatizzato ed eseguibile‘: automatizzato da un computer (sebbene alcune parti richiedano un input o un controllo umano); eseguibile (non solo attraverso il ricorso all’autorità giudiziaria, ma altresì e soprattutto) tramite l’esecuzione automatica del codice alfanumerico che ne traduce i contenuti. Questi, per la precisione, consistono in un set di istruzioni concernenti un insieme più o meno ampio di situazioni al verificarsi delle quali vengono poste in essere e realizzate determinate e pre-individuate azioni. La struttura dello smart contract è costituita, per la precisione, da un algoritmo di consenso e da una funzione crittografica di hash, resi mediante templates, ossia rappresentazioni elettroniche di documenti legali contenenti sia una parte in prosa sia dei parametri, rispondenti alla logica dell’if–this-then-that , del “se”, in altri termini, si realizza una data condizione, “allora” si devono negoziare, concludere e/o eseguire rapporti contrattuali.
Natura giuridica
Discussa è la natura giuridica dello smart contract, dubbio essendo, in altri termini, se esso sia oppur no riconducibile al negozio disciplinato dagli artt. 1321 c.c. e ss. Ad alimentare i sospetti concorre la ricordata formulazione legislativa laddove discorre di “effetti predefiniti dalle parti”, con espressione che sembra rinviare ad un momento di formazione dell’accordo antecedente logicamente alla conclusione dello smart contract e ciò nonostante il verbo ‘vincolare’ di cui pure si avvale la disposizione. La risposta al quesito impone di scindere il caso in cui il mezzo informatico sia funzionale unicamente alla trasmissione e alla successiva esecuzione dell’accordo contrattuale che si è perfezionato al di fuori di esso, secondo le modalità classiche, da quello in cui l’accordo si formi direttamente attraverso il mezzo informatico, il quale provvede, altresì, alla sua trasmissione. Nella prima ipotesi, lo smart contract, lungi dal risolversi in una mera ripetizione negoziale di una dichiarazione già perfezionata aliunde (in quanto, appunto, dotato di elementi di unicità e di diversità rispetto ad essa), assume natura di canale per la conclusione e gestione degli accordi piuttosto che di accordo in sé. Nella seconda ipotesi, al contrario, esso integra un contratto se e nella misura in cui dello stesso contenga gli elementi essenziali individuati all’art. 1325 c.c. La dottrina ritiene, in merito, che lo schema di perfezionamento del “contratto intelligente” possa replicare uno dei modelli previsti dagli artt. 1326, 1327, 1333 c.c. Le difficoltà attengono semmai alla necessità di ricorrere, non di rado, ad un terzo per la resa in linguaggio informatico della volontà; terzo che assume, nella specie, il ruolo di nuncius che deve predisporre i template nel senso voluto dal contraente, libero di affidare al programma informatico il compito di definire il contenuto del contratto, quante volte non voglia provvedere personalmente a determinare ogni aspetto dell’intesa.
Nella sua formulazione più semplice lo smart contract traduce quanto convenuto tra i suoi autori e lo adempie dopo aver verificato da solo il soddisfacimento delle condizioni indicate. Nella formulazione più articolata, invece, il programma informatico può avvalersi di oracles, vale a dire gli input da fonti esterne alla blockchain, che gli consentono di collegarsi al mondo reale e, per tale via, di verificare il soddisfacimento delle condizioni esterne indicate dalle parti.
Il lessico schematico e descrittivo che connota la figura rende, invece, complessa l’individuazione della causa ad essa sottesa. La causa, di conseguenza, lungi dal poter essere tradotta mediante codici, sembra destinata ad identificarsi con quella dell’operazione di volta in volta realizzata e ad essere desunta dal complesso delle situazioni individuate nel programma informatico. Diversamente, non presenta particolari criticità la determinazione dell’oggetto, che, almeno in linea teorica, può assumere il contenuto più vario.
Quanto, poi, alla forma, essa è soddisfatta, per espressa previsione legislativa, previa identificazione informatica delle parti, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare.
Vantaggi e svantaggi
Il processo di esecuzione dello smart contract, una volta avviato, non può più essere arrestato o modificato, con le immaginabili ricadute in tema di risoluzione del contratto e di invalidità negoziale. La figura, in ragione delle descritte caratteristiche, presenta dei tratti rigidi che, se per un verso, valgono a conferirle il pregio della autoeseguibilità e della irrevocabilità, consentendo il superamento di quella naturale incertezza che normalmente caratterizza il contratto, nonché la rilevante riduzione del rischio di frodi, dall’altro la ingabbiano in una logica (quella dell’if this then that) che la rende inidonea sia a gestire le sopravvenienze contrattuali non previste sia a tradurre negoziazioni complesse, sia, ancora, a descrivere comportamenti o esprimere valori e principi dell’ordinamento.