Innovazione dirompente, capace di rivoluzionare mercati e pubblica amministrazione. Oppure utile strumento tecnologico, del quale verificare reali opportunità di applicazione e concreto livello di garanzia e tutela per i cittadini.
È lungo questo filo che si sviluppa da mesi il dibattito sulla blockchain. E questa stessa traccia è quella che ha caratterizzato l’incontro sulla nuova tecnologia organizzato lo scorso 24 maggio a Roma, nell’ambito del Forum PA 2017, manifestazione quest’anno ospitata nel suggestivo Convention Center La Nuvola dell’Eur.
L’appuntamento, articolato in due tavole rotonde moderate dal Direttore di Blockchain4Innovation Mauro Bellini, ha visto, fra gli altri, la partecipazione di Michele Nastri.
Il paradigma della blockchain nella PA, questo il titolo dell’incontro, si è aperto con l’intervento di Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano, che ha fatto chiarezza su quali siano le reali caratteristiche della blockchain, attraverso il primo caso di successo di questa tecnologia: i bitcoin.
«La blockchain – ha detto Portale – è una tecnologia in cui vi è un database di transazioni condivise tra più nodi di una rete, valutata dalla rete stessa e strutturata a blocchi. La principale caratteristica è la tracciabilità di tutti i partecipanti della rete. Oggi – ha proseguito – l’attenzione del mondo del business si è concentrata sulle opportunità di questa tecnologia: il mondo finanziario prima di altri settori ha visto le opportunità positive offerte dalla blockchain, in particolare per realtà interessate a trasparenza e sicurezza o che vedano coinvolti numerosi attori che non si fidano tra di loro».
Nelle voci dei diversi relatori – fra gli altri l’avvocato ed esperto di diritto informatico Massimiliano Nicotra, Claudio Meucci di EY e il presidente Assobit, Stefano Capaccioli – è emersa la preoccupazione per la fama negativa che ancora accompagna la blockchain nel giudizio dell’opinione pubblica italiana e, allo stesso tempo, la difficoltà a offrire risposte convincenti sui dubbi che l’utilizzo nella PA di questa tecnologia lascia sul piano della sicurezza e delle garanzie per il cittadino.
«EY ha affrontato il mondo della blockchain – ha chiarito Meucci – dal punto di vista della società di consulenza: partire dalla tecnologia per verificare le opportunità per i clienti. Da parte nostra c’è grande interesse e abbiamo diversi discorsi portati avanti con 28 progetti in corso e alcuni in via di completamento. A breve, ad esempio, in alcune trasmissioni televisive il voto sarà fatto con blockchain».
«Il notariato – ha chiarito Nastri aprendo il suo intervento – si è avvicinato alla blockchain con curiosità e interesse. Il primo approccio deve essere da semplice cittadino, perché dietro questa tecnologia c’è sempre il rischio che si celino volontà di controllo se non di manipolazione. Per questo restano fondamentali gli interrogativi sulla governance: chi decide? Chi comanda?»
La questione di quali siano gli ambiti concreti e funzionali di applicazione della blockchain rimane centrale e, al di fuori del caso dei bitcoin e più in generale del settore finanziario, anche gli esempi presentati nel corso dell’incontro del Forum PA per dimensione e caratteristiche risultano poco interessanti, davvero poco significativi per attribuire a questa tecnologia quel valore rivoluzionario che pure è stato enfaticamente riproposto da diversi relatori nei propri interventi.
Parecchi punti interrogativi restano sulle possibili applicazioni della blockchain, in particolare nell’ambito della pubblica amministrazione e ancor più parlando di pubblici registri.
«In Italia i registri sono una realtà “gioiello” – ha chiarito Michele Nastri nel corso dell’intervento che ha concluso la prima tavola rotonda – Noi notai garantiamo la certezza: la blockchain può essere un complemento, un supporto che in nessun modo può sostituire pubblici registri che già funzionano efficacemente. Il rischio, altrimenti, è semplicemente di ridurre le garanzie».
Nastri è quindi entrato nel merito della questione, intervenendo sui non detti di certe posizioni acriticamente entusiaste verso la blockchain. «Una cosa – ha chiarito – è l’informazione riassuntiva che si inserisce nel pubblico registro, altra cosa è il contratto che ha portato a questi dati. Inserendo i contratti sulla blockchain, i costi diventerebbero non sostenibili e antieconomici. Inoltre quello che conta per i pubblici registri è ciò che mettiamo dentro: la qualità del documento dipende dall’attendibilità del suo autore ed è essenziale a questo fine la presenza di intermediari qualificati e controllati come i notai, oltre che un’autorità di controllo molto efficiente. Questi sono gli elementi che rendono il nostro sistema tra i migliori al mondo».
«La blockchain – ha concluso Nastri – serve soprattutto dove non c’è un’Autorità che comanda: ad esempio, noi pensiamo ad alcune applicazioni sull’open data, sull’eredità digitale, limitando il potere anche inquietante dei grandi player. Ugualmente trovo molto interessante il discorso sui pagamenti: l’opportunità di pagamenti tracciati può essere molto utile anche per la nostra attività. Le prospettive – ha concluso – sono tantissime: ci sono opportunità ed economie di scala, ma non ci illudiamo che con questa tecnologia si possano eliminare i sistemi di garanzia esterna».